Progetto
“La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettivita' delle tutele”
Relazione sui focus group realizzati dall’Unità di Verona, 3 e 7 Novembre 2007
FOCUS GROUP 2 “Sindacalisti e imprenditori” -Trascrizione degli interventi
Alberto, rappresentante sindacale settore edilizia
Marco, rappresentante sindacale settore edilizia
Enzo, amministratore delegato di impresa edile, membro della commissione sindacale del collegio costruttori di Verona
Ahmid, direttore di cooperativa servizi e facchinaggio, cittadino marocchino
Moustapha, operaio metalmeccanico in fonderia, delegato sindacale, cittadino senegalese
Mara, presidente di associazione non profit di servizi
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Alberto, rappresentante sindacale settore edilizia
Quando vai a parlare (dei lavoratori stranieri) con le aziende loro ti dicono “fa fatica a parlare italiano, non lo capisci” allora noi lo mettiamo in un determinato posto, resta lì e sappiamo per la sicurezza che non può fare danni.
[Interviene E. Favé: Mi sembra un tipico esempio di discriminazione indiretta, se c’è la difficoltà linguistica il datore di lavoro dovrebbe attivarsi per permettere al lavoratore di accedere anche ad altre mansioni. Come vengono fatti corsi di formazione su determinate tematiche, dovrebbero venire programmati anche i corsi di formazione sulla lingua italiana]
Su questo aspetto è vero, noi che seguiamo l’edilizia abbiamo gli enti bilaterali, come la scuola edile e il centro di formazione professionale. Puntiamo molto come enti bilaterali sulla formazione dei lavoratori, è anche vero che è talmente complesso questo mondo che per andare a modificare questi comportamenti ci vorranno anni. E anche la mentalità. Abbiamo casi nel marmo dove ci sono lavoratori ghanesi che fanno tanta comunità tra di loro. Non si riesce a entrare nella comunità, per cercare di entrare e fare della formazione. I ghanesi sono stati i primi a lavorare nel marmo, c’è una grandissima difficoltà linguistica. Non so se c’è la volontà loro di integrarsi, probabilmente c’è ma bisogna trovare il meccanismo perché questa volontà venga alla luce. Nel (settore del) marmo ci sono anche aziende con 150 dipendenti, fanno formazione sulla sicurezza. Ma non se fanno anche la formazione linguistica. Forse i romeni sono quelli che fanno meno comunità di tutti, però le altre nazionalità tendono molto a fare comunità tra di loro. L’abbiamo visto anche con gli operatori dell’Anolf (associazione della Cisl che segue gli iscritti di nazionalità non italiana), quando un’altra etnia si rapporta con questo operatore Anolf che non è della sua comunità si vede la difficoltà, forse per incomprensione, non comunicazione.
Io rappresento il mondo dell’edilizia, in edilizia la vedo dura prendere coscienza di questo problema. E vero che la forza lavoro nell’edilizia in una città come Verona è del 50-55% manodopera straniera. È un settore molto frammentato, sia nei tipi di lavorazioni, sia nel mondo imprenditoriale. Su un impianto fisso, come per l’industria, forse ragionano per reparti e forse si potrebbe prendere coscienza per approfondire il problema della discriminazione. Nell’edilizia la vedo difficile. Quando uno straniero entra nell’edilizia, a meno che non sia già formato nel suo paese, entra al livello più basso. Quando ha capacità vedo che le imprese fanno fatica a dargli mansioni di un certo livello. La manovalanza che entra è proprio manovalanza, persone non formate.
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Marco, rappresentante sindacale settore edilizia
Sulla discriminazione vera e propria tanti ti chiedono di venir a fare le denunce, perché magari subiscono minacce dal datore di lavoro. Ed è difficile quando gli dici di venire a fare una denuncia “ah” mi dicono, “lascia stare, io cambio lavoro”. Avendo la scadenza del permesso di soggiorno è difficile che uno si va a mettere nelle rogne perché sa che perde il lavoro e dopo ha difficoltà nel rinnovo del permesso di soggiorno. C’è un aspetto contrattuale che abbiamo pensato adesso per la piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale. La classificazione nell’edilizia funziona su quattro livelli, per le mansioni operaie. Il problema che abbiamo sollevato noi è che chi entra in questo settore entra soprattutto al primo livello, che è il più basso e poi rimane lì a tempo…non si dice indeterminato, però difficilmente riesce a progredire nella scala. A meno che non abbia delle capacità o delle conoscenze. Abbiamo fatto una proposta a livello nazionale di portare i livelli da 4 a 5 e fare il primo livello un livello di ingresso. Uno entra al livello più basso e dopo un anno automaticamente deve passare al secondo livello, alla qualifica superiore.
[Interviene M. Bertani: Siete a conoscenza di imprese che assumono regolarmente solo lavoratori italiani mentre per i lavoratori stranieri vengono riservati solo lavori senza contratto?]
No, è la stessa cosa. Ci sono imprese con lavoratori in nero, ma senza differenze tra italiani e stranieri. So che alcune imprese lavorano con manovali in pensione, questi lavorano in nero senza contratto. Queste imprese rischiano molto.
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Enzo, amministratore delegato di impresa edile, membro della commissione sindacale del collegio costruttori di Verona
[Introduce E. Favé: Le risultano visibili discriminazioni nel suo ambito di lavoro su base etnica, religiosa?]
Prima descrivo la mia esperienza sinteticamente, e poi allargo il raggio. Dal ‘94 la nostra impresa si avvale di manodopera extracomunitaria, abbiamo passato tutta la ex penisola slava: serbi, bosniaci, croati. Adesso l’80% della nostra manovalanza è extracomunitaria. La disponibilità di manodopera extracomunitaria per il nostro settore è una necessità, perché alcuni settori, come costruzioni, conceria, lapideo, lavoro stradali, se non ci fossero gli extracomunitari sarebbero lavoro scomparsi. L’età media dei nostri lavoratori è di 29-30 anni. Ho tutta forza lavoro giovane, snella, veloce, emigrano i migliori. Non mancano però, e sarei ipocrita se non lo dicessi, fenomeni di discriminazione di chi – dandogli il nome giusto è ignoranza – ha paura del diverso. C’è qualcuno che dice che hanno usi e costumi diversi dai nostri e ci tolgono il lavoro. Io abito in un paesino della Lessinia, qualche anno fa i discorsi della gente sugli extracomunitari erano: ha la pelle nera, è dell’est Europa. Adesso dicono c’è quello bravo, c’è quello meno bravo; come per gli italiani, c’è quello meno bravo e quello più bravo.
[Interviene E. Favé: Noi per questa ricerca stiamo seguendo una tematica molto specifica, nel primo focus group organizzato la scorsa settimana abbiamo avuto alcune testimonianze da parte di lavoratori stranieri che hanno riferito come l’insulto - con offesa connessa a una presunta caratteristica razziale e l’atteggiamento aggressivo - arrivano perlopiù da parte dei colleghi, dal capoturno, non dal datore di lavoro. Questo problema può arrivare ad assumere un’importanza nella strategia aziendale, affinché venga affrontato?]
Secondo me c’è, e ha delle concause. La prima causa è nella mentalità e nel livello di istruzione. Perché è ignoranza discriminare il diverso, punto e stop. Perché non si discrimina lo slavo piuttosto che il campano, il diverso è diverso. Se ha la pelle diversa, e non sa esprimersi bene in italiano forse qui più facile da aggredire. Addirittura io ho l’effetto contrario, avendo l’80% di manovalanza extracomunitaria tendono a isolarmi l’italiano. Perché si fa gruppo, è ambivalente il discorso. Una prima causa a mio avviso è l’ignoranza, un’altra causa è il sistema il sistema che ci accerchia, perché noi siamo un’isola felice. Io con la mia impresa lavoro in altre città, Mantova, Brescia dove la mancanza di lavoro comincia a farsi sentire, nel senso che c’è molta offerta e la domanda non riesce ad assorbire tutta la manovalanza disponibile. Una mamma (italiana) mi ha chiesto “come mai lei prende queste persone (straniere) quando abbiamo i figli a casa?” Ignoranza, mancanza di lavoro, mancanza di ammortizzatori sociali, porta a disperazione. È una concausa di sistema, lo Stato non ha fatto fino in fondo il suo dovere, ma è per prima l’ignoranza che causa queste situazioni. La paura del diverso.
[Interviene M. Bertani: Se le capita di venire a conoscenza nella sua azienda, nei suoi cantieri di episodi di discriminazione come si comporta?]
Io cerco di essere super partes, non mi intrometto tra le beghe. Perché dopo uno non va d’accordo con l’altro, mi dice con lui non voglio lavorare, eccetera eccetera. Io intervengo solo se ci sono fenomeni – che non ho mai avuto – che vanno al di là del buon senso, che non rispettano i diritti inviolabili dell’uomo. La nostra è stata una delle prime imprese ad aver a che fare con manovalanza extracomunitaria. Prima di assumerli ho cercato di fare formazione. Sono stato sicuramente non capito e discriminato. Spesso ho avuto per questo offese morali non dagli extracomunitari, ma dai miei compaesani. Sono stato visto come uno sfruttatore, (i miei) sono invece operai sindacalizzati. Chiaro che premio quello più bravo, premio chi ha volontà. Ho fatto semmai discriminazione all’inverso, ho discriminato l’italiano perché a casa la minestra ce l’aveva ugualmente, non era obbligato a lavorarmi qualche sabato, o perché qualche lavoro lui lo rifiutava. Ho cercato di premiare come leva economica più l’extracomunitario che non l’italiano, restando salvo i diritti inviolabili della persona.
[Interviene E. Favé: Parliamo dei livelli di ingresso. La progressione della carriera è uguale tra italiani e stranieri? È la difficoltà linguistica che può ostacolare in modo particolare questa progressione?]
Io ai primi tempi ho avuto qua anche ragazzi dell’est di 16-17 anni e li seguiva mio papà in cantiere. Magari con tono brusco gli diceva “portami il martello” e loro sono arrivati lì con un sasso in mano. C’è un deficit linguistico, è ovvio, naturale. L’handicap è sulla formazione in termini di sicurezza, questo è un grosso handicap. E tutto caricato sull’impresa, però non sta a me insegnare l’italiano all’extracomunitario. Io non ho quel lavoro lì..ho da far altro. Come non sta a me “mettiti l’elmetto perché ci sono problemi di caduta dall’alto” e questo mi guarda (senza capire) e devo far finta a gesticolare….questo qua…mi riallaccio alla mancanza del sistema.
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Ahmid, direttore di cooperativa servizi e facchinaggio, cittadino marocchino
A volte gli operai commettono l’errore (di pensare) che l’italiano ce l’ha con lui, forse a volte è solo questione di antipatia per quella persona, ma non per il gruppo o nazionalità alla quale appartiene. Secondo me quando c’è questo problema della discriminazione è mancanza di contatti, di dialogo tra i cittadini. Quelli stranieri e quelli italiani.
[Interviene E. Favé: Le risulta che in alcune aziende vengono mandati con la cooperativa lavoratori stranieri, mentre tendenzialmente gli italiani sono assunti con contratto dall’azienda. E una cosa che esiste? Lei ne è a conoscenza?]
Come faccio a sapere che l’azienda assume solo gli italiani? Dove lavoro io ci sono stranieri assunti dalla ditta, per la maggior parte italiani. Io vado poco nelle aziende dove lavoro, non vedo la differenza. Perché dove ho lavoro non ho mai trovato problemi. Pagano come gli altri.
[Interviene E. Favé: Non riscontra nessun tipo di trattamento diverso tra italiani e stranieri?]
No, fino adesso no.
Interviene Alberto, rappresentante sindacale settore edilizia.
Mi sembra di capire che più di una debolezza di nazionalità è proprio una debolezza di inserimento nel lavoro. Se io entro in un mondo del lavoro dove io devo ancora avere le competenze sicuramente sono più debole di una persona che già le competenze e si può mettere sul mercato….e questo si concentra molto sugli stranieri. In edilizia il grosso flusso è di lavoratori stranieri, però mancano di competenze. C’è una debolezza…..
[Interviene E. Favé: In edilizia possono mancare le competenze tecniche, ma in molto casi mancano le competenze linguistiche, nel senso che se anche lui diventa bravo a fare le cose poi se lo metto a dirigere il cantiere e non sa bene l’italiano è un problema]
Interviene Alberto, rappresentante sindacale settore edilizia.
Quando devo dirigere delle persone e non riesco a comunicare, oppure quando devo fare un lavoro autonomamente, ma non riesco a recepire le direttive che mi da il capocantiere non posso ambire a……
[Interviene E. Favé: Possiamo dire che in edilizia non c’è difficoltà di accesso al lavoro ma nella progressione di carriera?]
Risponde Alberto, rappresentante sindacale settore edilizia.
Si, per motivi oggettivi. Difficoltà oggettive
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Moustapha, operaio metalmeccanico in fonderia, delegato sindacale, cittadino senegalese
È difficile che il titolare di una cooperativa possa sapere poi cosa succede agli operai che lui manda in una ditta. Se qualcuno di loro viene discriminato è difficile che protesti, ha pochi poteri. Non ne parla. Questo è un problema. Seconda cosa questo dipende dal permesso di soggiorno. Se ho un contratto di un anno che è legato al mio permesso di soggiorno devo pensare al rinnovo. Alla scadenza del mio contratto ti mandano via. A questo punto quando il mio permesso sta per scadere comincio a sentire il fiato sul collo.
[Interviene E. Favé: I capi approfittano di questa situazione o il lavoratore si sente solo più debole?]
In questo mondo qua uno che un contratto a tempo indeterminato e parla l’italiano e uno che ha un contratto di un anno e non parla l’italiano è difficile che vengano trattati alla stessa maniera. Non è una cosa facile.
[Interviene E. Favé: Cosa vuol dire che non vengono trattati alla stessa maniera? Le faccio alcuni esempi: fanno meno ferie, devono lavorare di più?]
Nel senso se mi dicono alza questa cosa qua e pesa 30 chili so che non ce la faccio. Allora posso dire che non ce la faccio. Ma per non perdere il posto di lavoro la devo sollevare.
[Interviene E. Favé: Sono cose che non chiedono di fare agli italiani oppure gli italiani si rifiutano?]
Sicuramente non lo chiedono agli italiani, conoscono i loro diritti. Una cosa che pesa 40 chili la devono sollevare in due persone. Se io non capisco cosa dice la legge su questa cosa, ma anche se lo so però sono legato a un permesso di soggiorno che deve scadere fra un anno….dobbiamo far finta di non sapere (e alzare quel peso da soli anche se la normativa impone di farlo in due). Se il lavoratore ha la carta di soggiorno non ha nessuna cosa dietro che lo spaventa, ma se non conosce la legge anche lui può fare delle cose pericolose per la sua salute.
[Interviene C. Castiglioni: Non le risulta quindi discriminazione razziale, ma solo sulla debolezza contrattuale dei lavoratori stranieri.]
Personalmente io non l’ho mai subita, solo una volta nel ‘98 quando ho cominciato a lavorare in questa ditta un operaio mio collega parlando con un altro collega a detto parlando di me “questo è negro”. Ho sentito la parola, sono andato dalla direzione, ho chiamato il capo e poi hanno chiamato tutti. “Da oggi in poi non vogliamo più sentire queste parole”, hanno detto. Da allora fino a oggi, quasi 10 anni, non ho mai sentito parole di questo tipo.
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Mara, presidente di associazione non profit di servizi
La mia associazione promuove la sistemazione di assistenze domiciliari, nel termine badante più comune, colf e baby sitter. Perciò lavoriamo all’interno delle famiglie. Proponiamo personale all’interno delle famiglie, siamo sul mercato da 15 anni. La risposta alla domanda c’è discriminazione? La risposta è si, assolutamente si. Molto grande e molto forte. Noi operiamo su due campi: il socio-utente (colui che richiede il servizio) e il socio-operatore (colui che viene da noi a richiedere lavoro e che noi posizioniamo nelle varie famiglie). La discriminazione è sia razzista, sia che nella scelta della persona da posizionare nella propria casa. Premetto che l’ambito è la propria casa, parliamo di famiglia, un ambito molto diverso di quelli descritti finora. Non è un’azienda, non è una ditta, non è un cantiere. I settori in cui operiamo sono tre settori molti delicati L’accudimento dell’anziano, l’accudimento dei bambini, e l’accudimento della casa. Questo è un contatto molto stretto, molto diretto che non prevede un’attrezzatura, è un vivere molto diverso rispetto ad altre realtà lavorative. L’utenza a cui ci rivolgiamo è veronese, ma ci siamo allargati a tutto il nord-est e oggi arriviamo a coprire tutto il nord Italia, il che vuol dire da Torino a Udine, fino alla zona sud di Modena e Bologna. Come sappiamo le assistenti domiciliari, le colf di italiane ce ne una ogni cento. Forse nemmeno nell’ambito delle badanti. Premetto che l’associazione è in attività da 15 anni, fino a 2-3 anni fa meno, era sporadica la richiesta specifica, da due-tre anni a questa parte la richiesta si fa molto più precisa su certe caratteristiche da avere o non avere. Di tipo razziale e di tipo proprio anche ..beh, razziale. Poi etnico, sociale, colore della pelle, e ultimamente si è aggiunto anche religioso. La religione noi non la chiediamo mai perché sappiamo che è un dato sensibile…non è una di quelle cose che ci interessa sapere. Non l’abbiamo ritenuto fino a poco tempo fa uno dei motivi discriminanti, ma invece questo è avvenuto. Quando arriva da noi l’utente, che è un utente di posizione sociale medio alta la richiesta è specifica: etnia, colore della pelle, sfumatura del colore della pelle, so che è dura ma è così, abitudini di vita….che vanno dalle abitudini alimentari, abitudini comportamentali, e quant’altro e non ultimo religione professata. Pertanto per quando riguarda questo ambito ci sono richieste esplicite in questo senso. Forse la discriminazione è questione di ignoranza si chiedeva chi ha parlato prima di me? Io non penso che sia così, perché le persone a cui ci rivolgiamo noi non è gente sicuramente ignorante, nel senso in cui intendiamo questa parola. Sono persone di una certa levatura sociale, economica e culturale. Pertanto lo escluderei il discorso dell’ignoranza nell’accezione del termine, quello che si da comunemente. Invece trovo il contrario, consapevolezza di ciò che voglio ma soprattutto di ciò che non voglio. Ci sono due motivi, che noi abbiamo analizzato. Un po’ è la paura del diverso, come ho detto noi operiamo a Verona città e Verona provincia, la situazione è diversa tra provincia e città. Il nord-est è ancora più difficile. Poi arriviamo nella zona di Milano, Torino, Alessandria, c’è una leggera apertura, leggera. Poi ritorniamo nelle zone del padovano, vicentino, udinese, trevigiano e lì ci chiudiamo nuovamente. È una situazione molto frammentaria. Dicevamo la paura del diverso ma è anche c’è la volontà di non accogliere. È un lavoro dove si vive assieme, c’è una convivenza per questi lavori. A contatto con le persone e i familiari delle persone. Avvengono spesso scontri. E sono scontri non tanto di carattere “tu hai fatto questo, non sei capace di fare questo” è proprio una questione di rapporto. Vi faccio in esempio, ve lo racconto per tutti, per l’assistenza di una persona anziana, molto anziana, non dimentichiamo che l’età ha una valenza, un anziano di 90 anni ha il suo mondo, le sue abitudini, non cambieremo mai il suo mondo, no? È anche giusto rispettare sotto certi aspetti le ultime sue credenze, no? La richiesta era quella solita (di una badante), le cose pratiche e poi che fosse una persona dello Sri Lanka , noi lavoriamo anche molto con persone dello Sri Lanka, per delle caratteristiche che secondo loro hanno di dolcezza, di accudimento, di indole naturale, ma questa persona (come precisato in questa richiesta) non doveva avere la pelle troppo scura. La mia risposta è stata “signora, forse sarà un po’ abbronzata”. La difficoltà è molta anche per noi che proponiamo, io mi trovo in imbarazzo, dovrei averci fatto il callo ma non succede. Poi abbiamo davanti un “cliente” che dobbiamo accontentarlo, ma allo stesso modo dall’altre parte c’è un operatore un po’ troppo scuro magari ma che invece ha delle caratteristiche umane e professionali straordinarie, e io so già nella mia testa che questo non può andare, perché non lo accetteranno mai. E in più un’altra caratteristica doveva essere la religione perché è una cosa importante, ovviamente cristiana ma possibilmente cattolica. Aggiungo io che le signore dell’est che lavorano per noi sono per la maggior parte di religione cristiana ortodossa. Io so che è difficile trovare una persona di queste caratteristiche. Siccome la persona anziana la mattina recita il rosario, segue i discorsi del papa alla tv allora la richiesta è stata molto precisa anche per la religione della badante. Abbiamo trovato una sudamericana, peruviana, di religione cristiana cattolica. Pensi un po’. Abbiamo delle straordinarie persone, molto preparate, anche giovani, soprattutto donne, africane, dal nord al sud, tutta l’Africa, dal Marocco, al Ghana, Nigeria, anche rifugiati politici. Sono improponibili….non è possibile posizionarli in alcun modo. Noi ci proviamo….ma sappiamo già che è così. E quando vengono a proporsi sono delle persone splendide, io non me la sento più di dire “si si, va bene, troveremo un lavoro anche per te” dico è difficile, sai perché dico almeno qui a Verona è difficile per il colore della tua pelle. Io lo dico perché instauriamo un buon rapporto con i nostri operatori, e spesso loro mi dicono “lo sappiamo”. E questo è una cosa che ci fa male, ma è così.
[Interviene M. Bertani: In base alla vostra esperienza è possibile delineare delle tendenze negli atteggiamenti di chi richiede i vostri servizi nelle diverse zone del nord Italia?]
Differenze sulle badanti non ce ne sono, possiamo proporre solo personale dell’est. Mentre per quanto riguarda il personale domestico, come la governante a lungo termine, e magari di persone che si occupano dei bambini, qui invece c’è un discorso quasi inverso. Se io propongo una persona di colore è più gradita o bene accetta ma c’è un motivo contrario. Non per una grande benevolenza, ma per un vezzo, lo definisco io così, per uno status di avere la governante, perdonate il termine, nera. Quella che poi mettono con il grembiulino e la crestina bianca che fa tanto contrasto di colore. Vi racconto la realtà, io la vedo tutte le mattine e tutti i giorni. Non vedo soluzioni in questo ambito di lavoro, non so se ce ne possono essere. Non penso sia cattiveria, ma non volere le cose nuove, le cose diverse, rimango nel mio ambito, non voglio, non mi interessa andare oltre.
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